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CRISI RUSSA, PMI COL FIATO IN SOSPESO



COMUNICATO STAMPA
Export in calo nel 2014. Apindustria Vicenza invita l’Europa alla diplomazia per evitare effetti strutturali sulle attività produttive


Si pensava fosse soltanto una breve parentesi negativa. Invece la crisi ucraina e le conseguenti restrizioni economiche tra Unione Europea e Russia mettono in serio pericolo gli affari per tante Pmi vicentine, che oggi si risvegliano prive di un mercato che negli ultimi anni ha rappresentato un'ancora di salvezza. Secondo i numeri relativi ai primi due trimestri del 2014, le esportazioni verso la Federazione russa mostrano il passo, dopo una crescita costante nei tre anni precedenti. Dopo un primo momento di sorpresa e sbandamento, i nostri imprenditori devono allora rimboccarsi le maniche e pensare a mercati alternativi.
«La preoccupazione riguarda non soltanto il calo di vendite che generalmente verrà registrato alla fine di quest'anno – spiega il presidente di Apindustria Vicenza, Flavio Lorenzin – ma anche la possibile perdita di quelle quote del mercato russo che nel tempo le nostre aziende hanno saputo conquistare con fatica e impegno. Se la situazione, che ancora oggi possiamo definire eccezionale, non dovesse rientrare a breve, queste fette di mercato rischiano di essere occupate da altri. Ciò accade perché in un mondo globalizzato le informazioni si muovono ad altissima velocità, e di conseguenza anche i flussi di merci possono essere deviati rapidamente». Esempi della perdita di posizioni arrivano dai settori colpiti dai divieti russi come l’agroalimentare, il conciario, in parte il tessile-abbigliamento e il calzaturiero, dove il mercato sta reagendo con la sostituzione dei fornitori europei con quelli turchi, coreani, cinesi e sudamericani.
Ma il problema si verifica anche in direzione opposta, dato che le sanzioni europee sulle esportazioni verso la Russia possono interessare prodotti utilizzabili in vari e diversi ambiti dell’economia: in questo caso l'impatto non ricade sulle sole aziende esportatrici, bensì sull'intera filiera collegata, dai macchinari alla componentistica, dagli impianti alle parti elettriche, e ai software. «Anche i settori non direttamente coinvolti dall’embargo risentono del clima teso – conferma Lorenzin – in quanto l’incertezza per il futuro e la mancanza di prospettive procrastinano le decisioni, i progetti di investimento e gli acquisti, quando non sospendono attività già in atto. Di tutto questo le aziende del territorio sono ben consapevoli. Anche l’Europa deve esserlo altrettanto – conclude il presidente – e impegnarsi fortemente per trovare una soluzione diplomatica ad una crisi complessa in tempi brevissimi, evitando che gli effetti negativi diventino strutturali e si ripercuotano sulle imprese esportatrici, i loro lavoratori, collaboratori e fornitori, e quindi sulla capacità di contribuire alla crescita economica e all’occupazione».





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