Le misure di riduzione fiscale e Job's Act fanno sperare le imprese

«BENE RENZI, ORA ASPETTIAMO I FATTI»
Il presidente di Apindustria Vicenza, Flavio Lorenzin, plaude le misure di sostegno a lavoratori e imprese: «È un inversione di tendenza». Ma avverte il premier: «Ascolti anche le categorie»
Un buon inizio, ma guai ad abbassare la guardia: Apindustria Vicenza accoglie con soddisfazione il pacchetto di riforme fiscali presentato mercoledì dal premier Matteo Renzi. L'augurio delle Pmi vicentine è che quanto annunciato, poco importa se in forma di televendita o altro, abbia riscontri immediati e rappresenti il primo passo per rimettere in moto l'economia.

Il presidente Flavio Lorenzin apprezza in primo luogo la dichiarata intenzione di evitare una consolidata e deprecabile prassi di legiferare solo per via generale, rimandando ogni buon proposito a decreti attuativi di tardiva e incerta emanazione.

Bene anche la scelta di aumentare la detrazione Irpef in busta paga ai lavoratori dipendenti sotto i 25 mila euro di reddito lordi, per un ammontare su base annua di circa 1000 euro netti annui a persona: «In questo modo si inizia a rilanciare la domanda interna con un ritorno anche per l’Erario, sotto forma di maggior gettito Iva – sostiene Lorenzin – ma soprattutto viene dato un importante segnale di attenzione alle persone e alle famiglie, quindi alla coesione sociale, che in questi anni ha rappresentato il vero paracadute del nostro sistema economico».

Ci sono poi gli interventi a diretto favore delle imprese, da tanti mesi invocati anche dalle Pmi vicentine e rimaste a lungo inascoltate. Queste manovre si riducono, oltre all’attuazione del credito d’imposta per l’assunzione di ricercatori, alla diminuzione del 10% dell’Irap: «Non si sa bene con quale meccanismo questo avverrà – continua il presidente di Api Vicenza – ma quel che più conta è l’inversione di tendenza. Non illudiamoci, la riduzione non sarà di portata epocale, o comunque tale da abbattere il gap nei confronti dei Paesi che godono di un costo del lavoro più competitivo, però si comincia a realizzare un reale e diretto spostamento della tassazione, dal lavoro alle rendite finanziarie».

In materia di lavoro, con l'atteso Job's Act si è finalmente posto fine a una delle più grandi ipocrisie del diritto del lavoro italiano: quella che considerava i rapporti a termine come “eccezioni”, da ricondurre necessariamente a una motivazione specifica, rispetto alla presunta “normalità” del rapporto a tempo indeterminato. Il contratto a termine acquista, di fatto, la stessa dignità del contratto a tempo indeterminato, anche grazie alla parallela riduzione dei vincoli alle proroghe e riassunzioni, e questo rappresenta probabilmente il più banale, ma al tempo stesso efficace, volàno per rilanciare la flessibilità in entrata nel mercato del lavoro.

Il secondo gruppo di provvedimenti è quello potenzialmente più “rivoluzionario”: si parla infatti di temi come la riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, la semplificazione delle procedure e degli adempimenti in materia di lavoro, il riordino delle forme contrattuali e il miglioramento della conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di vita. In pratica, i capisaldi della legislazione del lavoro di qualunque paese moderno. Tra questi, anche a causa della persistente situazione di crisi, assume una particolare importanza l’implementazione di un nuovo sistema di ammortizzatori sociali. «Va detto fin da subito – riprende Flavio Lorenzin – che la riforma annunciata, raccoglie finalmente un paio di suggerimenti, da noi più volte avanzati: il primo è quello di implementare un meccanismo bonus-malus, in base al quale, senza prescindere da una base “mutualistica”, il costo degli ammortizzatori incide maggiormente sulle imprese che ne fanno maggiore e più sistematico uso, con una parallela diminuzione del costo per le imprese che, invece, non ne fanno uso. Il secondo è quello di superare, una volta per tutte, il meccanismo delle casse in deroga, che ha avuto un’indubbia funzione emergenziale, ma che rappresenta una evidente sperequazione tra chi usufruisce degli ammortizzatori perché li paga e chi invece ne usufruisce, senza sborsare il becco di un quattrino».

Infine, resta necessariamente in sospeso un giudizio sul prospettato riordino delle forme contrattuali, in attesa di capire quali saranno concretamente gli strumenti messi a disposizione di imprese e lavoratori. «Di certo è apprezzabile l’intenzione di redigere un testo organico di disciplina delle tipologie contrattuali dei rapporti di lavoro – spiega il massimo rappresentante delle Pmi vicentine – ma riteniamo fondamentale che tale attività sia realizzata con l’intesa, non la semplice “consultazione”, delle parti sociali. Ci preoccupa, a questo riguardo, che tale mera consultazione sia stata prevista solo in relazione all’introduzione di un compenso orario minimo, applicabile a tutti i rapporti di lavoro subordinato. È pur vero che mettere tutti le parti sociali attorno a un tavolo e trovare una soluzione ragionevolmente condivisa, può sembrare un inutile tributo alle vecchie forme di “concertazione”. Ma è altrettanto vero che le parti sociali sono, in definitiva, i rappresentanti di coloro che dovranno poi applicare sulla loro pelle i nuovi provvedimenti. Il loro contributo, pertanto, è a nostro avviso indispensabile per individuare fin da subito sia i principali ambiti di intervento, sia le potenziali criticità». Lorenzin chiede allora al premier di accelerare sui provvedimenti, ma senza snobbare i suggerimenti e le critiche costruttive delle associazioni di categoria, che per troppi anni hanno visto la politica “farsene una ragione”. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Vicenza, 13 marzo 2014