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LE PMI CONTRO IL TFR IN BUSTA PAGA


«A RISCHIO IL FUTURO DEI LAVORATORI»

Altolà di Apindustria Vicenza all’erogazione mensile della liquidazione

«Una presa in giro verso i lavoratori, illusi di avere più soldi oggi ma beffati domani»: così Apindustria Vicenza boccia senza mezzi termini la proposta del governo di trasferire mensilmente le quote di Trf nelle buste paga dei dipendenti.
«Fino all'erogazione, che coincide con la cessazione del rapporto di lavoro, il Tfr rappresenta una risorsa in più per l’azienda – spiega il rappresentante delle Pmi, Flavio Lorenzin – ma anche un sostegno al reddito per i lavoratori posti in cassa integrazione o in contratto di solidarietà, oltre ad essere a disposizione di quanti devono sostenere spese mediche o acquistare la prima casa . Per questo le imprese fanno da salvadanaio per le esigenze primarie dei lavoratori, che in alternativa possono scegliere responsabilmente di accantonare il Tfr in un fondo pensione gestito da associazioni di categoria e sindacati, e controllato dall’Inps».
Le aziende sono oggi custodi delle quote di Tfr dei propri dipendenti, e vogliono continuare ad esserlo non solo per una loro maggiore disponibilità di liquidità, che fra l’altro pagano in termini di rivalutazioni dovute per legge a tassi di interesse ben maggiori dei rendimenti medi odierni, ma sapendo di poter garantire in ogni momento delle anticipazioni nell'erogazione del Tfr accumulato, a fronte delle sempre maggiori difficoltà che hanno i lavoratori nell'ottenere prestiti dalle banche.
L'impatto sui consumi che deriverebbe dai 100 euro in più in busta paga, d'altro canto, sarebbe tutto da dimostrare, come in questi mesi insegna la manovra dei famosi 80 euro. «Siamo di fronte ad un pericoloso mutamento della nostra cultura economica e sociale – conclude il rappresentante delle Pmi vicentine – perché si rischia di togliere al lavoratore l’opportunità di impostare un risparmio responsabile per far fronte con sicurezza al proprio futuro, creando invece l’illusione di avere uno stipendio più alto e maggiori risorse da spendere nell’immediato in beni di seconda necessità. Anche se non vengono messi direttamente in busta paga, quei 100 euro mensili sono comunque del lavoratore, e gli garantiscono un’importante copertura per esigenze primarie, e di medio o lungo termine».



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