MANOVRINA: "DECRETO SANGUISUGA"

Vicenza, 27 giugno - “La voracità del fisco non ha limiti” commenta così, Flavio Lorenzin, Presidente di Apindustria Vicenza nonchè Vice Presidente di Confimi Industria con delega alla semplificazione fiscale, la manovrina approvata a suon di fiducia dal Parlamento e approdata in Gazzetta Ufficiale venerdì scorso. “Infatti - prosegue Lorenzin – la manovrina ora chiude anche quei strettissimi cunicoli che ancora permettevano agli operatori più attenti di gestire trimestralmente i propri crediti Iva (diritti dell’Impresa, non debiti verso l’Erario) evitando di dover sopportare esagerati oneri impropri, quali quello del visto di conformità”. Il riferimento è all’introduzione dell'obbligo del visto anche per l'istanza TR in compensazione dei crediti Iva trimestrali che dal 23 giugno si deve quindi misurare con costi e disagi che quadruplicano. Il visto (la cui soglia d’obbligo già dal 24 aprile è stata peraltro ridotta in via generale da 15.000 a 5.000 euro) riguarderà infatti non solo i crediti da dichiarazione annuale (Iva, redditi, Irap e 770) ma anche quelli Iva dei primi tre trimestri dell'anno.

“Ma non è tutto” dice Lorenzin “Confermato anche lo scippo al diritto della detrazione sulle fatture di fine anno il cui esercizio è stato reso estremamente difficile nonostante alcuni apprezzabili tentativi di emendamento, proposti da alcuni parlamentari, avessero fatto sperare nel ritorno in termini di ragionevolezza della vicenda”. Salvo auspicabili ripensamenti nella prossima manovra di bilancio, le speranze delle imprese di veder pienamente restituito un diritto fondamentale, quale quello della detrazione dell'Iva, rimane ora appesa esclusivamente agli esiti e tempi della denuncia promossa da Confimi Industria e Associazione nazionale commercialisti (ANC) in sede comunitaria (protocollata dalla Commissione lo scorso 24 maggio) contro la violazione dei principi di neutralità, proporzionalità ed equivalenza su cui poggia l’imposta.

“Un operato, quello del Governo, che verrebbe da definire cinico” prosegue Lorenzin riferendosi in particolare alla vicenda dello split payment (scissione dei pagamenti) “che arriva addirittura a dividere gli operatori fra buoni e cattivi”. I buoni, infatti, sono quelli di cui l'Erario ha deciso di fidarsi e cioè le Pubbliche amministrazioni nonché, dal prossimo 1° luglio, anche le società dalle stesse controllate e quelle quotate in borsa. Con tale meccanismo i buoni trattengono l'Iva dovuta dai cattivi (i loro fornitori) e la versano direttamente al fisco. I cattivi, quindi, incassano solo l'imponibile con tutte le conseguenze che ne derivano per gli equilibri finanziari di chi (potenzialmente qualsiasi impresa) effettua forniture rilevanti verso PA, assimilate e società quotate. Quella della dello split, tra l’altro, è una norma in deroga all'ordinario sistema di riscossione dell'Iva e pertanto oggetto di autorizzazione comunitaria. Autorizzazione già prontamente concessa da Bruxelles lo scorso 25 aprile (il DL 50 è del 24 aprile) nonostante con la precedente richiesta del 2015 il Governo italiano si fosse impegnato a non chiedere proroghe oltre il 2017. Deroga che, invece, è stata rinnovata fino al 30 giugno 2020 in cambio di un'accelerazione sui tempi di rimborso. Accelerazione dagli attuali (teorici) 3 mesi a 2, ma solo dal 2018. Il tutto mentre a pochi giorni dal 1° luglio (data in cui si opererà l'estensione del perimetro applicativo dello split) gli operatori ancora non dispongono di un elenco preciso, in particolare, delle partecipate pubbliche. Empasse che il Governo ha comunque ritenuto di "risolvere", in sede di conversione, coniugando beffa e complicazioni ossia riconoscendo la possibilità al cattivo, per non incorrere in sanzioni, di chiedere al buono, con obbligo di risposta, un'attestazione sulla sua riconducibilità al sistema in questione. A testimoniare la voracità del fisco su questa vicenda c'è altresì l'estensione del sistema anche alle prestazioni effettuate dai professionisti verso le PA (sempre a perimetro allargato) che oltre a non incassare la ritenuta d'acconto fra qualche giorno cominceranno a non incassare nemmeno l'Iva.

Infine, considerato che Governo e Bruxelles sanno essere veloci quando vogliono, incuriositi (ma non stupiti) ci si chiede che fine abbia fatto invece l'autorizzazione UE, prevista dalla legge di Stabilità 2015, in base alla quale doveva arrivare l'estensione del reverse nel rapporto fra consorziato e consorzio quando quest'ultimo fattura in split verso una stazione appaltante (e quindi non incassa l'Iva). “Questioni non proprio trascurabili” conclude Lorenzin “che minano la sopravvivenza di forme aggregative troppo spesso ipocritamente auspicate, ma poi tristemente abbandonate a meccanismi perversi destinati a sancirne la soccombenza”.

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