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DETRAZIONE IVA: PRONTA NUOVA DENUNCIA ALLA COMMISSIONE UE

Concediamo a Governo e Parlamento l’epilogo del milleproroghe, ma ci basta un click

Roma, 21/01/2020.
Per il terzo anno consecutivo, con l’ultima liquidazione Iva dell’anno, gli operatori si sono dovuti misurare con i patemi generati da una normativa sulla detrazione particolarmente irrazionale; normativa che oggi – ad oltre un anno dal debutto della fatturazione elettronica – è altresì del tutto ingiustificabile se non nella iniqua constatazione che con essa, in perfetta aderenza con molte altre misure introdotte dalla manovra 2020, lo Stato continua ad usare le imprese come dei bancomat. 

Ci riferiamo, per essere più precisi, al groviglio di disposizioni riconducibili alle seguenti norme: 
- l’articolo 19 e l’articolo 25 del dPR n. 633/72, come riformulati dal discusso articolo 2 del D.L. n. 50/2017 (punto di innesco delle complicazioni in premessa) che ha ridotto il termine decadenziale precedentemente biennale; 
- l’articolo 1 del dPR n. 100/98, come modificato dall’art. 14 del D.L. n. 119/2018 (vedi tavola 1 in allegato) risolvendo alcune questioni interpretative ma introducendo nuove discutibili eccezioni. 

Com’è noto la circolare n. 1/E/2018 dell’Agenzia delle Entrate ha (re)interpretato secondo i canoni comunitari gli articoli 19 e 25 sancendo che la detrazione Iva è esercitabile alla duplice condizione che:
 (i) l’imposta sia esigibile ossia relativa ad operazioni effettuate (requisito sostanziale ex art.167 Direttiva 2006/112/CE);
 (ii) che le operazioni risultino documentate dal possesso di una regolare fattura (requisito formale ex art. 178 Direttiva, cit; sentenza Corte di Giustizia 29 aprile 2004, C-152/02 Terra Baubedarf-Handel GmbH).

Fissato in detti termini il dies a quo, con la medesima circolare (coordinando le due norme che letteralmente non si parlano, ndr) l’Agenzia ha altresì precisato che “tale diritto può essere esercitato al più tardi entro la data di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui si sono verificati entrambi i menzionati presupposti e con riferimento al medesimo anno” (ri)espandendo così il dies a quem anche per le fatture di fine anno arrivate ad inizio del successivo ed evitando i rischi di violazione denunciati da ANC e Confimi a maggio 2017.

La Commissione UE (TAXUD C3 D (2018) 50007306 del 13 settembre 2018) ha confermato:
- che gli Stati possono “esigere che il diritto a detrazione sia esercitato durante il periodo in cui è sorto” (c.d. principio della detrazione immediata ex art. 179 direttiva), fermo restando che il precedente termine biennale non sarebbe in contrasto con la direttiva (Sentenza Ecotrade, C-95/07 e C-96/07);
- che gli Stati possono “esigere che il diritto a detrazione sia esercitato durante il periodo in cui è sorto” (c.d. principio della detrazione immediata ex art. 179 direttiva), fermo restando che il precedente termine biennale non sarebbe in contrasto con la direttiva (Sentenza Ecotrade, C-95/07 e C-96/07);

In merito al requisito formale (possesso della fattura) nei primi mesi del 2018 si erano formate due differenti correnti di pensiero: la prima che riconosceva la decorrenza del dies a quo dal mese di esigibilità esclusivamente a condizione che il possesso della fattura si fosse perfezionato entro l’ultimo giorno del mese medesimo; la seconda (convintamente sostenuta da ANC e Confimi Industria)1, ispirata a quanto già previsto dal dPR n. 100/98, secondo la quale era invece sufficiente che il possesso si perfezionasse in tempo utile per la liquidazione Iva di riferimento.

Le modifiche introdotte con il D.L. n. 119/2018 nel dPR n. 100/98 – in aderenza con la seconda tesi - hanno sancito inequivocabilmente la possibilità di (retro)imputare al mese di effettuazione l’Iva delle fatture ricevute in tempo utile e precisamente entro il 15 del mese successivo2. Con dette modifiche il legislatore ha tuttavia escluso detta possibilità “per i documenti di acquisto relativi ad operazioni effettuate nell’anno precedente” ossia per le fatture arrivate nei primi giorni dell’anno successivo.

Ciò premesso è chiaro, quindi, che il principio della retro imputazione non contrasta con i principi unionali; oltre ad averlo inequivocabilmente confermato il legislatore domestico (modifiche al dPR 100, cit) la conferma a tal riguardo è contenuta nella comunicazione della Commissione UE (TAXUD C3 D(2018)6177124 del 13/11/2018) 3 che contiene l’invito a presentare una nuova denuncia laddove, nonostante la modifica introdotta dal DL 119, si dovesse ancora “nutrire dubbi riguardo alla compatibilità del dPR 100/98 con il diritto dell’UE”. Detto dubbio, come detto, è definitivamente rimosso e il problema che si pone semmai e se detto principio possa funzionare solo per 11 mesi su 12 e se sia pertanto lecito, secondo i canoni comunitari, che il legislatore introduca l’eccezione che si abbatte sulle fatture arrivate dal 1 al 15 gennaio dell’anno successivo. 

Scopo dichiarato delle modifiche introdotte nel 2017 dal D.L. 50 era quello di avvicinare (ai fini dei controlli) il flusso “DTE fornitore” e il flusso “DTR cliente” dello spesometro; com’è noto detto spesometro è stato però soppresso dal 2019 per l’effetto dell’obbligo generalizzato della fatturazione elettronica che funziona a flusso unico (valevole cioè tanto per il fornitore quanto per il cessionario) e pertanto, ormai da oltre un anno, sono venute meno le ragioni di tale disposizione. 

Anche se le motivazioni del DL 50 sono venute meno non pretendiamo necessariamente che sia ripristinato il vecchio termine biennale ma chiediamo che sia definitivamente rimossa l’ingiustificabile eccezione rimasta o meglio, dovremmo dire, introdotta dal DL n.119/2019 nel dPR n.100/98; 

Dalla chiusura della precedente denuncia alla Commissione UE (novembre 2018)4 abbiamo portato pazienza sollecitando per oltre un anno legislatore e tecnici, confidando in un barlume di buon senso ma nulla, nemmeno con la manovra 2020. 

Nel frattempo abbiamo individuato nuovi motivi di potenziale censura comunitaria. Oltre a creare complicazioni non più giustificabili la citata eccezione, a nostro giudizio, espone la norma italiana ai seguenti rischi comunitari: 
a) violazione del principio di equivalenza, giacché il principio della detrazione immediata (alla duplice condizione retro indicata) non funziona uniformemente nel corso dell’anno (vedi esempio 1 e 2 nella tavola 2 in allegato); 
b) violazione del principio di neutralità dell’Iva giacché una fattura elettronica trasmessa a fine anno (ad esempio il 31 dicembre) e riferita ad operazioni su cui il cessionario/committente ha a tutti gli effetti già subito la rivalsa dell’Iva (perché ha anche pagato il corrispettivo) potrebbe risultare recapitata dal Sistema di Interscambio solo nell’anno successivo (vedi esempio 4 nella tavola 2 in allegato). 

Non è possibile che, sulla stessa cosa, le regole funzionino per 11 mesi in un modo e a fine anno (fatture che arrivano a gennaio successivo) in un altro. Non vi sono motivi, se non quelli di voler far cassa giocando sulle differenze temporanee dei flussi ma il principio di neutralità vieta che l’Iva gravi sugli operatori intermedi. 

Attenderemo da ultimo la conversione del milleproroghe dopodiché, se non arriveranno soluzioni, non ci rimarrà, nostro malgrado, che tentare con una nuova soluzione sovrannazionale. La nuova denuncia alla Commissione UE è pronta: ci basta un click!

Ufficio Stampa Confimi Industria


Il documento integrale è disponibile al seguente link: COMUNICATO CONFIMI INDUSTRIA
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