Proposta innovativa di Apindustria al governo: "Rinunci alle trattenute sugli aumenti salariali"
“E’ inutile nascondersi dietro un dito: l’aumento richiesto dai sindacati, pari a 105 euro di incremento dei minimi contrattuali, più altri 25 euro a titolo di ”elemento distinto dalla retribuzione”, vìola palesemente le regole dettate dal Protocollo del ’93”.
In modo lucido e diretto, Mariano Rigotto, presidente provinciale di Unionmeccanica Apindustria Vicenza, analizza la “questione salariale” riproposta nella piattaforma sindacale per il rinnovo del biennio economico e lancia una proposta al Governo.
“Secondo l’accordo del ’93, tuttora valido - spiega Rigotto - gli aumenti salariali fissi devono essere calcolati esclusivamente sulla base dell’inflazione registrata nel biennio precedente e programmata nel biennio successivo, quindi su numeri certi: quei numeri oggi ci dicono che la richiesta sindacale è praticamente il doppio di quella che dovrebbe essere. Quanto agli “elementi distinti dalla retribuzione”, questa definizione risuona come una presa in giro, visto che poi l’Inps e l’Erario li considerano notoriamente retribuzione a tutti gli effetti”.
“Di fronte a questa incongruenza, chiamiamo il Governo a fare la propria parte, con serietà e senso di responsabilità: esso deve avere un ruolo attivo e propositivo e non limitarsi ad essere semplicemente un mediatore. D’altro canto, ricordiamoci bene che l’accordo del ’93 è un accordo “a tre”, che impegnava direttamente il Governo, assegnandogli un ruolo fondamentale nell’elaborare e attuare strategie di supporto all’economia nazionale”.
“Tutti i Governi che si sono succeduti da allora ad oggi - prosegue Rigotto - hanno incamerato, senza batter ciglio, tutte le maggiori entrate contributive e fiscali derivanti da aumenti superiori a quanto previsto dal meccanismo del Protocollo. Si è trattato di un vero e proprio “indebito arricchimento”, attuato alle spalle delle imprese e degli stessi lavoratori. Questa è una situazione che deve cessare: il mondo produttivo, mai come ora chiede un segnale forte e chiaro da parte del Governo. Per questo avanziamo questa proposta: che la differenza tra l’aumento contrattuale calcolato con le regole del ’93 e quello che verrà eventualmente concordato tra le imprese e i sindacati, sia interamente escluso dalla base imponibile previdenziale e fiscale. Altrimenti, rischiamo un brusco stop delle trattative, pericoloso per tutti e soprattutto difficile da sbloccare, in una fase congiunturale, come tutti sappiamo, di grande difficoltà ed incertezza”.
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