Presentata l'indagine congiunturale.

Il presidente di Apindustria Vicenza, Sergio Dalla Verde: ”Positivi, ma deboli, i segnali su produzione, ordinativi e fatturato; in contrazione investimenti e ricorso al credito. Stabile l’occupazione. Il sistema economico vicentino deve aggredire la crisi in atto; urgono interventi per mettere le imprese nella condizione di agganciare il mercato. Le questioni TFR, Studi di settore e IRAP chiedono di essere affrontate con serietà”.
Vicenza, 14 ottobre 2005

Il presidente di Apindustria Vicenza, Sergio Dalla Verde: ”Positivi, ma deboli, i segnali su produzione, ordinativi e fatturato; in contrazione investimenti e ricorso al credito. Stabile l’occupazione. Il sistema economico vicentino deve aggredire la crisi in atto; urgono interventi per mettere le imprese nella condizione di agganciare il mercato. Le questioni TFR, Studi di settore e IRAP chiedono di essere affrontate con serietà”.

“Una congiuntura difficile, che riflette la complessità della metamorfosi in atto. La situazione economica si sta, per così dire, polarizzando e la crisi prolungata sta operando una vera e propria selezione nel sistema industriale vicentino: da un lato ci sono le aziende più dinamiche che, negli anni scorsi hanno investito in ristrutturazioni interne, innovazione e non hanno avuto timori nell'andarsi a cercare nuovi e più difficili mercati. Queste stanno dimostrando di aver afferrato il nuovo ciclo espansivo internazionale. Dall’altro, ci sono molte altre realtà aziendali, spesso contoterziste e di piccole dimensioni, che, invece, sono più lente nell’attrezzarsi per reggere il cambiamento, sono più esposte alla concorrenza mondiale e, ormai, hanno il fiato molto corto”.

Così Sergio Dalla Verde, presidente di Apindustria Vicenza, analizza e commenta i risultati sulla congiuntura del campione di 212 aziende che hanno partecipato alla consueta rilevazione economica condotta semestralmente dall’Ufficio Studi dell’Associazione. Sotto la lente di ingrandimento la chiusura del primo semestre del 2005 e le previsioni per la fine dell’anno, ma anche il passaggio generazionale, considerato come un momento fondamentale e critico al tempo stesso per la continuità del sistema economico vicentino.

“Al di là dell’andamento dei singoli settori – prosegue Dalla Verde – quello che più ci preoccupa è il generalizzato calo degli investimenti e la contrazione, in corso già da alcuni semestri, dei margini di profitto. Se sommiamo questi due elementi alla riduzione della durata del portafoglio ordini e alla lenta riduzione del ricorso al credito, ne viene fuori un quadro abbastanza grigio: il nostro sistema economico, se escludiamo le aziende “gazzella”, sembra quasi arroccato, sulla difensiva, ripiegato su se stesso”.

I DATI

L’indagine semestrale, condotta su un campione di 212 aziende, con 5100 addetti e un volume d’affari di circa 930 milioni di Euro, ha messo in evidenza un generalizzato calo di fiducia: nella seconda parte del 2004 le imprese con un andamento positivo del fatturato erano il 36% del campione, nella prima parte del 2005 sono state il 37,2% , per la seconda parte del 2005 saranno il 34%.

Il fatturato è cresciuto, nel primo semestre 2005, del +2,6%, gli ordinativi del +1,4% la produzione del +0.7%. Ma l’aumento non è generalizzato ed è limitato ad alcuni settori ed alcune fasce dimensionali di aziende.

Cresce, in maniera significativa, il comparto Metalmeccanico (in particolare il settore “prodotti e lavorazioni meccaniche”) che registra una variazione del +7,1% del fatturato. Aumentano le vendite anche l’Edilizia (+2,3%), la Grafica-Cartotecnica (+1%) e il comparto dei Servizi-Trasporti-Logistica. I settori del Mobile e dell’Alimentare invece hanno un andamento stazionario o leggermente negativo, mentre procede, così come si registrava nei precedenti semestri, la crisi del comparto del Tessile-Abbigliamento e dell’Orafo.

Guardando al futuro, la situazione sembra migliorare, sebbene non in modo sostanziale: il 17% delle imprese prevede riduzioni degli ordini (contro il 20% registrato nella precedente rilevazione), il 15% un calo della produzione (contro il 17%) ed il 19% una riduzione del fatturato (contro il 21%).

Gli ordinativi ed il fatturato sono in calo soprattutto per chi opera prevalentemente sul mercato interno, mentre la quota di imprese che prevede un aumento di attività lavora in maniera abbastanza rilevante sui mercati esteri: i Paesi dell’Unione Europea assorbono quasi un quarto del fatturato (la corrispondente quota invece nello scorso semestre era al livello del 15%).

Il dato occupazionale risulta essere stabile (la variazione è del 0,0%), sia pure con andamenti leggermente diversi da settore a settore.

Le imprese che dichiarano di aver effettuato investimenti, nel primo semestre del 2005 sono, a consuntivo, il 56% del campione, un livello in leggero ribasso rispetto a quello registrato nel corso del secondo semestre 2004 (dove aveva raggiunto quota 60%). Anche rispetto alle previsioni di investimenti futuri si registra un certo arretramento, generalizzato a tutti i settori di attività: la quota di imprese che dichiarano di prevedere aumenti negli investimenti effettuati infatti si riduce dal 25% rilevato nel secondo semestre 2004 all’attuale 21%, mentre cresce la quota di coloro che prevedono una stabilità negli investimenti.

Il ricorso al credito tende alla stazionarietà: le imprese con credito in aumento sono state il 18% del campione, ma saranno il 14% nei prossimi mesi, mentre quelle che intendono ridurre il credito sono il 15%. Aumenta, rispetto alla precedente rilevazione, la percentuale di imprenditori che ritiene l’accesso al credito più difficoltoso, raggiungendo la quota del 23% (era il 20% nella scorsa rilevazione).

L’analisi sulla profittabilità dei settori di appartenenza delle imprese segnala un ulteriore peggioramento nella contrazione dei margini, dovuto soprattutto alla difficoltà di adeguare i prezzi di listino. I costi di produzione sono in aumento nel 45% delle imprese, mentre i prezzi si adeguano soltanto nel 21% delle imprese. Di conseguenza l’utile lordo è in crescita solo nel 16% delle imprese, mentre nel 29% dei casi si registra una contrazione e nel 55% dei casi invece resta invariato.

IL COMMENTO

“Le imprese sono al limite dell’attivo - sottolinea il presidente Dalla Verde - e incapaci di guardare avanti in termini progettuali. Mantenendo questo atteggiamento, con cui si potrà tirare avanti altri due, tre anni, non si va da nessuna parte, si bruciano inutilmente risorse e non si aggancia la locomotiva economica mondiale, che invece sta correndo ad una velocità impressionante”.

“La posta in gioco è altissima e la nostra provincia non può permettersi di rimanere indietro: credo che forse mai come in questo momento le Associazioni di categoria sono chiamate ad un impegno diretto e concreto nell’offrire alle imprese quelle competenze, quei supporti e quelle opportunità di scambio di informazioni, ma anche di condivisione di strategie e progetti, che sono lo strumento ideale per sviluppare l’impresa”.

“Chiediamo però una rinnovata attenzione da parte del mondo politico, a tutti i livelli. Parliamoci chiaro: finchè gli strumenti sono l’IRAP (la riduzione di neppure un punto percentuale del cuneo fiscale), la riforma del TFR, gli Studi di settore, dove possiamo andare?”.

A ribadire l’impegno di Apindustria Vicenza a difesa del sistema delle piccole e medie industrie, il presidente Dalla Verde lancia sul tavolo una serie di nodi la cui risoluzione è di importanza vitale per le imprese.

RINVIO DELLA RIFORMA DEL TFR

Riteniamo un segnale molto preoccupante il rinvio dell’approvazione della Legge sulla riforma del TFR, avvenuto la settimana scorsa, non tanto per una questione di tempo, quanto per le potenziali modifiche parlamentari che potrebbero essere apportate al testo in questi 30 giorni di intervallo.

La bozza proposta dal Ministero e rinviata al Parlamento, accoglieva in buona parte le istanze del mondo imprenditoriale e del mondo sindacale, introducendo, inoltre, una più che opportuna gradualità nell’attuazione della riforma. Si prevedeva, cioè, un rinvio di 18-24 mesi nell’applicazione della devoluzione a favore delle piccole e medie imprese, in considerazione del fatto che per molte di queste l’accesso al credito risulterebbe ancora difficoltoso. Questa stessa gradualità avrebbe consentito di diluire l’onere della copertura finanziaria per lo Stato, che peraltro non può pretendere di attuare una riforma dalle finalità eminentemente sociali facendola pagare prevalentemente al sistema delle imprese.

Senza entrare in ulteriori aspetti tecnici, non ci resta che auspicare che il Parlamento sia in grado di salvaguardare i contenuti originari dello schema di decreto, evitando ogni strumentalizzazione a favore degli operatori finanziari, banche e assicurazioni.

Siamo entrati, di fatto, in una lunga campagna elettorale che rischia di mettere colpevolmente in ombra i problemi concreti e urgenti del sistema produttivo italiano. Non possiamo permetterci di perdere un altro anno, pena il declino della nostra economia e del nostro Paese.

IRAP

Con grande rammarico da parte del mondo delle imprese, l’IRAP sembra essere stata dimenticata: non viene, infatti, mai menzionata in nessun passaggio della Finanziaria 2006, nonostante la sua eliminazione costituisse obiettivo del programma di Governo, nonostante la sua riduzione fosse stata promessa in numerose circostanze e nonostante sia in corso un giudizio sulla legittimità stessa dell’imposta, presso la Corte europea, che potrebbe pregiudicarne definitivamente l’esistenza. A questo, va aggiunto il tentativo di preservare il gettito dell’imposta, con l’utilizzo di strumenti giuridici del tutto anticostituzionali, operato lo scorso mese di giugno con il decreto legge 106/2005 che, sopprimendo norme fondamentali a tutela del contribuente, obbligava i contribuenti a versare le imposte anche quando vi fossero fondati dubbi sulla debenza delle medesime ed escludeva, inoltre, la possibilità di sanare legittimamente, con il ravvedimento operoso, le irregolarità commesse in sede di versamento del saldo 2004 e dell'acconto 2005.

Siamo perfettamente consapevoli che il gettito Irap è fondamentale per la quadratura dei conti nazionali, ma in uno stato veramente moderno ed europeo le tasse devono essere eque e le misure adottate non forzose né coercitive. L’obiettivo deve essere quello di recuperare la fiducia necessaria al rapporto fisco-contribuente.

STUDI DI SETTORE

In queste ultime settimane è stata rilevata un’allarmante contingenza riguardante gli Studi di settore, che costituiscono una metodologia di accertamento cosiddetta “analitico presuntiva”, attraverso la quale operare una ricostruzione, su base statistica, dei ricavi dei contribuenti, a prescindere dalla risultanze delle scritture contabili.

Dalle segnalazioni delle imprese associate è emerso un problematico incremento del numero dei soggetti non congrui e, soprattutto, un preoccupante aumento dei maggiori ricavi richiesti per l’adeguamento, da parte dei contribuenti, allo scopo di evitare un accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Considerate le circostanze, abbiamo deciso di condurre un’analisi specifica del fenomeno, tuttora in corso, con l’obiettivo di comprendere meglio la diffusione di talune situazioni, del tutto insostenibili dalle aziende, nell’ambito delle quali i citati Studi richiedono adeguamenti che poco hanno a che vedere con la struttura dell’impresa e con l’andamento del mercato di riferimento.

Riteniamo, infine, del tutto inaccettabile la norma introdotta con la Finanziaria dello scorso anno che, di fatto, disconosce l’attendibilità della contabilità ordinaria (a prescindere da qualsiasi verifica della medesima attraverso accessi ed ispezioni presso la sede del contribuente), rendendo accertabili le imprese, secondo i valori espressi dal citato strumento informatico-statistico, qualora i ricavi dichiarati siano inferiori a quelli presunti in due esercizi su tre, anche non consecutivi.

PASSAGGIO GENERAZIONALE A NORD EST: A CHE PUNTO SIAMO?

Abbiamo voluto scattare un’istantanea sul tema del passaggio generazionale per capire come viene vista dagli imprenditori questa fase “critica”, che può essere, però, anche una grande opportunità di cambiamento e di crescita dell’azienda.

E’ emerso, innanzitutto, un dato anagrafico interessante: il 74% delle campione intervistato dichiara di essere di prima generazione, di conseguenza non ha ancora sperimentato il passaggio generazionale. Il 23% è invece di seconda generazione. Abbiamo rilevato che ben un’azienda su tre (il 33% del campione) è o sarà interessata - subito o entro cinque anni - al passaggio del testimone. Tuttavia, pochi sono davvero preparati a compierlo.

Inoltre, per circa la metà del campione, questo momento viene considerato come una inevitabile ma utile opportunità di rinnovamento della formula imprenditoriale, aspetto questo che rende ancora più importante la preparazione della successione stessa. L’Associazione è chiamata, in modo esplicito e rilevante, a svolgere un ruolo attivo nel fornire percorsi e strategie di supporto: non solo e non tanto fornendo informazioni specifiche attraverso convegni o seminari, ma soprattutto affiancando imprenditori “senior” e “junior” in percorsi di tutoraggio assistiti da esperti o consulenti esterni.