«Accordo sui dazi: da salvare non rimane quasi nulla»
Si veste di realismo Mariano Rigotto, presidente di Apindustria Confimi Vicenza: «L’unica certezza sarà il nostro impegno a supportare le imprese che saranno costrette a riorientare l’export».
«Abbiamo vissuto nell’incertezza per mesi e ora che abbiamo scavallato il fatidico D-day del 1°agosto, con l’esecutività slittata al 7 agosto, possiamo dire che di questo accordo sui dazi siglato dalla Ue con gli Stati Uniti da salvare non rimane quasi nulla. L’unica certezza, alla ripresa delle attività produttive, sarà il nostro impegno per supportare le imprese che saranno costrette a riorientare il proprio export, con l’auspicio che gli accordi settoriali vengano chiariti in breve tempo per tutte le industrie che invece continueranno a lavorare con gli Stati Uniti».
Si veste di realismo Mariano Rigotto, presidente di Apindustria Confimi Vicenza, nel commentare l’accordo tra Trump e Von der Leyen, che conferma il 15% dei dazi nei confronti della Ue, pur con ancora tante incertezze da chiarire sui alcuni comparti: «Avevamo già perso per strada la speranza, sospinta dalla premier Giorgia Meloni, dell’accordo “zero per zero”, così come sul fatto che sarebbe stata applicata la digital tax nei confronti dei colossi della Silicon Valley – sottolinea Rigotto -. Ora apprendiamo che nei testi ufficiali ci sono differenze non solo nei toni, ma anche nella sostanza, in particolare sui dazi per acciaio e alluminio e prodotti farmaceutici. Ad ora, sembra mancare ogni forma di contropartita, mentre gli 800 miliardi di euro del “Readiness 2030”, che sarebbero dovuti servire soprattutto a sviluppare dei campioni europei nell’industria della difesa, finiranno negli Usa, così come i dollari per acquistare gas e petrolio».
Ancor più amara la conclusione del presidente di Apindustria: «Questa è stata l’ennesima occasione persa dall’Europa che si è presentata a Trump impreparata e disunita, mentre il Canada – ad esempio – ci ha dato una lezione su come si possa lavorare ad un accordo senza piegare la testa».
«Abbiamo vissuto nell’incertezza per mesi e ora che abbiamo scavallato il fatidico D-day del 1°agosto, con l’esecutività slittata al 7 agosto, possiamo dire che di questo accordo sui dazi siglato dalla Ue con gli Stati Uniti da salvare non rimane quasi nulla. L’unica certezza, alla ripresa delle attività produttive, sarà il nostro impegno per supportare le imprese che saranno costrette a riorientare il proprio export, con l’auspicio che gli accordi settoriali vengano chiariti in breve tempo per tutte le industrie che invece continueranno a lavorare con gli Stati Uniti».
Si veste di realismo Mariano Rigotto, presidente di Apindustria Confimi Vicenza, nel commentare l’accordo tra Trump e Von der Leyen, che conferma il 15% dei dazi nei confronti della Ue, pur con ancora tante incertezze da chiarire sui alcuni comparti: «Avevamo già perso per strada la speranza, sospinta dalla premier Giorgia Meloni, dell’accordo “zero per zero”, così come sul fatto che sarebbe stata applicata la digital tax nei confronti dei colossi della Silicon Valley – sottolinea Rigotto -. Ora apprendiamo che nei testi ufficiali ci sono differenze non solo nei toni, ma anche nella sostanza, in particolare sui dazi per acciaio e alluminio e prodotti farmaceutici. Ad ora, sembra mancare ogni forma di contropartita, mentre gli 800 miliardi di euro del “Readiness 2030”, che sarebbero dovuti servire soprattutto a sviluppare dei campioni europei nell’industria della difesa, finiranno negli Usa, così come i dollari per acquistare gas e petrolio».
Ancor più amara la conclusione del presidente di Apindustria: «Questa è stata l’ennesima occasione persa dall’Europa che si è presentata a Trump impreparata e disunita, mentre il Canada – ad esempio – ci ha dato una lezione su come si possa lavorare ad un accordo senza piegare la testa».
Commercio Estero, Comunicati Stampa, dazi
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