ASSEMBLEA PUBBLICA CONFIMI INDUSTRIA 2025 | AGNELLI (CONFIMI) ALERT ENERGIA, COSI’ LE IMPRESE NON CE LA FANNO
Il presidente Paolo Agnelli : “Le partecipate con monopoli di energia e gas devono allinearsi ai ricavi medi europei. Basta super ricavi e super utili, serve adeguamento ad una politica con un ebitda europeo.
Roma, 3 dicembre 2025 - “Negli ultimi trent’anni le imprese manifatturiere sono calate di circa 250 mila unità. Per la prima volta in tredici anni, da quando è nata Confimi Industria, i nostri uffici ricevono chiamate di imprenditori che non chiedono come resistere, ma come organizzare la loro uscita dall'Italia” . Un fenomeno che ha anche un volto generazionale: “Quasi il 40% dei giovani industriali del nostro sistema – i nostri stessi figli – sta valutando di fondare la propria impresa all'estero. Non per crescita, ma per sopravvivenza. Questi dati inducono tutti noi e le forze politiche a fare serie riflessioni”.
Così, il presidente di Confimi Industria Paolo Agnelli ha aperto i lavori a Roma dell’appuntamento annuale della Confederazione intitolato “Cara Energia…”, confrontandosi con i ministri Giancarlo Giorgetti (Economia e Finanze) e Adolfo Urso (Imprese e Made in Italy), intervenuti dopo il videomessaggio inviato agli imprenditori della manifattura italiana dalla presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni.
Anche il Vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani, il ministro della Difesa Guido Crosetto e il ministro del MASE Gilberto Pichetto Fratin, hanno voluto inviare un messaggio agli industriali di Confimi.
Secondo Agnelli la causa principale di questa emorragia ha un nome: energia. “Un’impresa italiana paga l'energia 85,28 euro per MWh, oltre il triplo dei 25,45 euro della Francia. Un differenziale che compromette ogni possibilità di competere”, ha denunciato il presidente di Confimi Industria.
La Confederazione nel suo Manifesto per l’Energia, evidenzia come proposte: un intervento diretto dello Stato nel mercato energetico; la riduzione della fiscalità sull’energia; la revisione delle rendite delle società regolamentate; una politica estera energetica; il disaccoppiamento del costo dell’energia rinnovabile da quella fossile.
Confimi Industria ha poi ascoltato le proposte dei rappresentanti dei partiti in una tavola rotonda alla quale hanno partecipato, Maria Elena Boschi (IV), Marco Dreosto (Lega) Mariastella Gelmini (NM), Antonio Misiani (PD), Nicola Procaccini (FDI), Marco Rizzo (DSP), Luca Squeri (FI), Mario Turco (M5S), Giuseppe Zollino (AZ).
Sul fronte della manovra di bilancio, Agnelli ha riconosciuto gli sforzi per la tenuta dei conti pubblici, ma ha evidenziato come “la stabilità dei conti non possa avvenire rischiando di colpire il tessuto produttivo”. Per questo, come già segnalato dalla Confederazione nei commenti e nelle audizioni dei giorni scorsi, a causa di queste ristrettezze nella Legge di Bilancio ci sono alcuni segnali positivi che però sono ancora timidi e discontinui per imporsi a pieno nel mondo delle PMI. “Chiediamo che il super-iperammortamento abbia un orizzonte triennale per permettere una vera pianificazione industriale. La revisione IRPEF è positiva ma serve una portata maggiore, così come rendere strutturale la riduzione dell’imposta sui premi di risultato. Ci auguriamo una soluzione positiva e responsabile per salvare le imprese che hanno creduto in Transizione 5.0. Giudizio negativo alla modifica delle compensazioni F24 e alla nuova disciplina sui dividendi, misure che rischiano di colpire in primis le Pmi”.
L'obiettivo ultimo è salvare ciò che Agnelli definisce biodiversità industriale del Paese: l’impresa familiare, soprattutto PMI. “Un modello unico, radicato nel territorio, che guarda al lungo periodo e alle persone. Il nostro DNA economico. La stabilità dei conti pubblici non può mettere a rischio il tessuto manifatturiero che quei conti, in ultima analisi, li alimenta”.
Agnelli ha poi spiegato: “Non vogliamo andare via e non possiamo farlo. Rappresentiamo quelle piccole e medie imprese che quando tutti scappano, restano. Le nostre aziende non sono un codice in Borsa, ma hanno il nostro nome sulla porta. Per questo delocalizzare per noi non deve essere un’opzione, ma serve un tessuto adatto”.
“Non abbiamo la verità in tasca – chiosa il Presidente di Confimi - ma il nostro è il grido d’allarme di chi il lamierino in fabbrica lo calpesta tutti i giorni. Per questo mettiamo a disposizione del Governo e di tutte le forze politiche la nostra esperienza per un confronto costruttivo sugli interventi necessari a tutela del sistema-Paese”.
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