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DELOCALIZZAZIONE O INDIPENDENZA? PRIMA DI TUTTO SERVONO LE RIFORME

Successo per il convegno promosso dai giovani di Apindustria Vicenza sulle proposte di referendum per un Veneto indipendente e di un esodo oltre confine. Intanto le imprese chiedono interventi immediati su tasse e burocrazia

Uno Stato che funziona: non chiedono altro gli imprenditori veneti. Per questo il gruppo Giovani di Apindustria Vicenza ha promosso un convegno dal titolo provocatorio “Delocalizzazione o indipendenza?”, come occasione di confronto con il mondo politico sulle strade da seguire per tornare a crescere in un sistema efficiente e competitivo.

Davanti ad una sala convegni di Galleria Crispi gremita, la presidente dei giovani di Apindustria Vicenza, Elisa Beniero, ha subito incalzato gli ospiti in merito alla proposta di referendum sull’indipendenza del Veneto: «Ci chiediamo se davvero non esistano alternative al declino italiano che non siano quelle proposte nel titolo del convegno – ha esordito – e perché negli ultimi trent’anni nessuno abbia invece pensato di riformare questo Paese per renderlo veramente normale. E, ancora, perché la proposta del referendum dovrebbe ora rappresentare la volta buona dopo anni di inerzia? E quali sarebbero soprattutto le politiche da adottare per dare un futuro ai giovani? Se non si pensa prima di tutto alle nuove generazioni rischiamo di perdere la futura classe dirigente, o di perdere una generazione».

A prendere la parola sono stati l’autore del libro “Autodeterminazione” Alessio Morosin, convinto che un Veneto indipendente avrebbe le capacità per crescere e rispondere con i fatti ai problemi di oggi, e il consigliere regionale Stefano Valdegamberi, primo firmatario della proposta di legge per la consultazione referendaria: «Siamo di fronte ad una situazione che impedisce il pieno sviluppo delle nostre potenzialità – ha sostenuto – che dovrebbero far trasferire le imprese della Carinzia da noi, e non viceversa. Le riforme strutturali dell'Italia non arrivano mai e ci si perde in mille discussioni, spesso per mantenere rendite di posizione. Occorre uno Stato a servizio dei territori e non servito dal territorio».

Sulla stessa lunghezza d’onda è stato l’intervento di Luca Azzano, membro della Commissione Giuristi della Regione Veneto, che ha mantenuto l’attenzione sui problemi dell’economia e del fare impresa: «Se dobbiamo chiedere una forma di indipendenza del Veneto, non sarebbe certamente per replicare una forma di stato e di governo come quelle attuali. E non è solo questione di tasse, perché qui non funziona più nulla». Un esempio è stato portato sempre da quella “terra felice” chiamata Carinzia, dove si ha l’attivazione di un allacciamento elettrico in un giorno, quando da noi ci vogliono almeno sessanta giorni lavorativi, durante i quali l'azienda deve rimanere ferma. Azzano ha anche ricordato come il Veneto ha da solo un Pil superiore a quello di altri paesi europei, oltre alle risorse per lo sviluppo.


«Intanto però anche nella nostra Regione le aziende chiudono, e rimane l’incognita se tra cinque anni il Veneto potrà ancora vantare questi livelli di ricchezza e competitività» ha ribattuto Maurizio Scalabrin, vicesegretario provinciale del Partito Democratico. Per l’ex sindaco di Montecchio Maggiore l’autonomia del Veneto sarebbe più un atto di orgoglio che una vera opportunità di cambiamento, in quanto il vero problema è la burocrazia: e la burocrazia veneta porterebbe davvero a superare tutte le difficoltà odierne?

La situazione attuale infatti parla chiaro: mentre si continua a discutere su burocrazia e fisco, o di delocalizzazione e indipendenza, le nostre imprese muoiono, come dimostrato anche dai dati congiunturali sulla situazione delle attività produttive e del credito nel Veneto presentati da Enrico Dall’Osto, presidente di Apiveneto Fidi: dati che raccontano di un ultimo triennio in cui le sofferenze sono andate via via crescendo, con circa tremila aziende manifatturiere della nostra regione che hanno chiuso i battenti.

A riportare l’attenzione sul presente è stato infine il presidente di Apindustria Vicenza, Flavio Lorenzin, che ha ripercorso le difficoltà di questi giorni: una tassazione complessiva insostenibile, l’aumento della Cassa integrazione, un 50% delle aziende che sopravvivono ma rimangono a rischio, la diminuzione delle ore lavorate, il blocco investimenti. «Tasse e burocrazia non offrono attrattività per fare impresa e per attirare investitori dall’estero. Tutti parlano – ha tuonato – ma di fatti concreti non se ne vedono. Si devono salvare le imprese del territorio per evitare perdita di competenze e frenare la disoccupazione, spronando anche il sistema bancario per tornare a dare credito».

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