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INDAGINE CONGIUNTURALE Iº TRIMESTRE 2009 DI APINDUSTRIA VICENZA

26 maggio 2009

 

INDAGINE CONGIUNTURALE Iº TRIMESTRE 2009 DI APINDUSTRIA VICENZA

Presentati oggi i dati dei principali indicatori economici. Permane una situazione di sostanziale stagnazione per il primo trimestre dell'anno. Tiene l'occupazione.

 

Apindustria Vicenza, l'Associazione che rappresenta le PMI della Provincia di Vicenza, ha raccolto i dati emersi dalla consueta indagine congiunturale trimestrale riferita ai mesi di gennaio - marzo 2009.

Il campione, emblematico per distribuzione geografica delle imprese, per tipologia merceologica e dimensionamento, ha riguardato 250 aziende rispondenti sia a consuntivo del trimestre, sia per il previsionale, sui classici indicatori economici: ordinativi, fatturato, occupazione ed investimenti/credito.

 

Ordinativi

I primi dati che emergono dalla rilevazione attestano l'assoluta predominanza delle contrazioni, seguita da un'altra importante evidenza data dalla stabilità degli indicatori pervenendo così alla marginalità delle aziende che segnalano incrementi. Così per esempio sugli ordinativi: complessivamente in contrazione per il 66% degli intervistati, segnale stazionario per il 18% ed un residuale incremento pari al 7% delle aziende rispondenti. Contrazione predominante anche per gli ordinativi UE per il 41% delle aziende, stabile per il 47% e in incremento per il 5%. Gli ordinativi extra UE: aziende per il 37% in contrazione, per il 51% stabile ed incremento per il 5% delle imprese intervistate.

 

Fatturato

Sul fronte del fatturato: il 56% delle aziende lamenta diminuzione, il 31% sostanziale stabilità e solo un 5% un aumento. Ulteriore distinzione sull'indicatore va operata considerando l'esportazione, infatti, il fatturato UE registra un calo per il 38% delle aziende, una stabilità pari al 49% ed un incremento del 5%. Per quanto concerne il fatturato extra UE: la contrazione è registrata per il 34% delle imprese, dal 52% segnali stazionari ed un residuo 6% in aumento.

 

Occupazione

L'unica nota positiva è sul fronte occupazionale, dove appare evidente lo sforzo delle aziende per il mantenimento dei livelli occupazionali. Evidentemente l'utilizzo degli ammortizzatori sociali ha consentito, per il momento di "tamponare" l'uscita delle maestranze dalle aziende. Infatti, per il 51% degli intervistati i livelli occupazionali sono stabili, per il 29% delle aziende c'è stata contrazione a fronte del 2% in cui vi è stato incremento di manodopera.

Credito ed Investimenti

Le aziende che dichiarano una diminuzione del ricorso al credito si attestano sul 31%, mentre per il 61% attestano una stabilità, con infine il dato maggiormente preoccupante delle aziende che hanno incrementato il ricorso alle banche pari allo 0%. La rilevazione mette in luce l'evidente difficoltà delle imprese ad operare sul fronte degli investimenti, cosicché risulta che per il 61% degli intervistati non sono stati effettuati investimenti resi invece possibili per il 32% delle imprese rispondenti.

 

Variazione dell'Utile (margini)

L'assoluta maggioranza delle aziende per il 56% dichiara la diminuzione dell'indicatore, il 34% si attesta sulla stabilità e solo il 3% dichiara segno positivo.

 

Sotto l'aspetto previsionale, la situazione non si presenta certamente migliore, in quanto, anche in questo caso, le aziende che dichiarano tendenze in aumento solo in assoluta minoranza.

 

Ordinativi

Il 40% delle aziende rispondenti si attesta sul segno della stabilità, il 39% delle aziende si aspettano un calo degli ordinativi complessivi e solo il 14% delle imprese attenderanno un aumento degli ordini. Ancora più emblematica la situazione riferita al panorama internazionale, per cui per quanto riguarda l'incertezza degli ordinativi UE: il 27% delle aziende si attende una contrazione, il 57% un livello stazionario ed un incremento degli ordini dall'Europa limitato al 9% dei casi. Sempre sul versante internazionale, gli ordinativi extra UE sono attesi in diminuzione per il 23% delle aziende, stabili per il 60% ed in aumento solo per il 10% delle aziende.

 

Fatturato

Atteggiamento prudenziale anche sulle aspettative relative al fatturato complessivo da parte delle aziende, infatti, lo stesso valore del 39% accomuna le ditte che esprimono stabilità e diminuzione, mentre un 14% attende fatturato in aumento. Per quanto riguarda il fatturato UE un significativo 55% confida nella stabilità, mentre il 9% delle aziende si aspetta evoluzioni positive. Anche sul fronte del fatturato extra UE sono pari al 61% le aziende che si aspettano stabilità, assommando al 23% le imprese che prospettano diminuzione e un 9% le ditte che attendono incremento.

 

Occupazione

A conferma degli sforzi per salvaguardare i posti di lavoro, il 64% delle aziende rispondenti stimano l'indicatore in termini stazionari, si riducono al 26% le aziende che prospettano ulteriori diminuzioni di personale, mentre l'aumento di occupazione è previsto dal 2% di aziende.

 

Investimenti

Merita una particolare evidenza la quasi totale assenza di propensione ad effettuare investimenti da parte del 90% degli intervistati con soltanto un residuale 2% più propenso ad investire.

 

«Considerando il fatto - commenta il Presidente Filippo De Marchi - di non sapere quando cambierà il quadro economico di riferimento e quale sarà la direzione che prederanno gli eventi conseguenti, ad oggi, il pericolo più evidente è rappresentato dal rischio di impoverimento del sistema produttivo, sia in termini di esperienza e professionalità nelle aziende costrette a chiudere o a ridimensionare il proprio organico, sia in termini di potenziale effettivo di risposta ai mercati nel momento in cui dovesse arrivare la tanta auspicata ripresa».

 

«Le aziende, infatti - precisa il Presidente - stanno esaurendo le scorte, subiscono un appesantimento finanziario in seguito all'allungamento dei tempi d'incasso e alla stretta creditizia in atto, per cui, paradossalmente, ci si potrà trovare nella condizione di non riuscire, per mancanza di materiali e di liquidità sufficienti, ad evadere gli ordini che prima o poi inizieranno ad arrivare».

 

«E' più che mai evidente - afferma il Presidente De Marchi - che la situazione è critica e richiede risposte immediate ed efficaci, tuttavia, mi chiedo se i politici abbiano sufficientemente chiara la situazione in cui vivono le aziende. E' iniziata in questi giorni la campagna elettorale, una "kermesse" mai veramente dismessa nella quale i candidati o gli esponenti di quella o dell'altra parte politica chiedono di fare la loro comparsa e cercare di convincere gli imprenditori a farsi votare. Ma, su quali programmi e su quali contenuti? Il rilancio dell'economia? La competitività territoriale? La tutela del "Made in Italy" e l'adeguata rappresentanza del nostro Paese in Europa?».

«Abbiamo salvato l'Alitalia, abbiamo sostenuto la Fiat, ma che fine hanno fatto gli aiuti promessi dal Governo per il sistema della piccola e media impresa? E' mai possibile pensare ad una soluzione diversa, per noi che siamo definiti "l'ossatura dell'economia italiana" dal solito doversi arrangiare, indebitandoci con gli Istituti di Credito e così, di fatto, fungere noi "da Banca" allo Stato e alla grande industria?».

«Oltre a sentire le solite parole, buone per oggi, come valide nella passata legislatura e, probabilmente per quella a venire - riflette De Marchi - delude e lascia perplessi il fatto che il vuoto dei contenuti e delle proposte è accompagnato, spesso, ad un'ignoranza sull'effettiva attuazione dei provvedimenti presi dal governo. Per esempio sullo stanziamento dei fondi di rifinanziamento del Fondo di garanzia prevista dalla legge 662 del 1996, attualmente gestito da Unicredit e dal Mediocredito Centrale. Si tratta di un fondo - spiega il Presidente - al quale possono accedere banche ed intermediari finanziari, compresi i Confidi per il 30% del fondo stesso, per ottenere garanzie dirette, co-garanzie e controgaranzie su finanziamenti concesse ad imprese PMI.

Tuttavia, il recente rifinanziamento del fondo si è tradotto in un intervento a favore del sistema bancario, anziché dei Confidi, e quindi, di fatto, con scarse ricadute per il comparto delle PMI».

 

«Per far fronte alla situazione di emergenza delle nostre aziende - afferma De Marchi - abbiamo richiesto rapidità di risposta nei fatti e non nelle semplici dichiarazioni di intenti! Noi siamo consapevoli che ad acuire lo stato di difficoltà delle imprese è la fragilità finanziaria a cui sono costrette perché schiacciate di fatto tra lo Stato al contempo "socio e cliente" e la grande industria che rispettano i termini di pagamento delle forniture di prodotti e servizi».

«Su quest'ultimo punto - informa il Presidente - ci siamo recentemente attivati con un tavolo tecnico di lavoro per formulare una proposta di legge che recepisca la direttiva comunitaria 2000/35/CE[1] sulla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali».

Conclude così il Presidente di Apindustria Vicenza: «Per quanto sia difficile ipotizzare quando finirà la crisi o come sarà l'andamento del secondo trimestre di quest'anno così tormentato, noi continuiamo a sostenere la necessità di provvedimenti urgenti straordinari, come l'introduzione di una moratoria delle rate dei mutui e dei leasing e pensando ad un'evoluzione delle norme di Basilea 2 sul fronte del credito.  La diminuzione della pressione fiscale e la necessità di sospendere l'applicazione degli studi di settore sul piano del fisco ed il temporaneo allentamento del patto di stabilità per permettere agli enti pubblici di programmare maggiori opere pubbliche ed accelerare i tempi di pagamento alle aziende. Oltre a questo è necessario un non più rinviabile progetto concreto di riforma dello Stato, appesantito da organismi e procedure che comportano solo costi senza alcun beneficio per la collettività. È chiaro a tutti che il debito pubblico dello Stato italiano condizioni fortemente le manovre del Governo, ma è altrettanto chiaro che se non si interviene sul lato della spesa pubblica, il prevedibile calo delle entrate a causa della diminuzione dei profitti aziendali e dei redditi dei lavoratori, porterà ad un ulteriore peggioramento dei conti pubblici».

 

 

 

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Ufficio Stampa Apindustria Vicenza

 

Alessandro Parolin

APINDUSTRIA VICENZA - Ufficio Studi e Comunicazione

Tel: 0444-232230 - Fax: 0444-960835 

e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 


[1] Nel presentare la direttiva, la Commissione UE giustificava la proposta dal fatto che un'insolvenza su quattro è imputabile a ritardi nei pagamenti, con una perdita media di 450.000 posti di lavoro ogni anno. Già nel 2000, nove anni fa, 23,6 miliardi di debiti non venivano saldati ogni anno a causa delle insolvenze determinate dai ritardi nei pagamenti quantificati complessivamente in 90 miliardi di Euro all'anno che rappresentano, in termini di interessi perduti, un valore di 10,8 miliardi di euro. (FONTE: UE Direzione generale per le Imprese; Internet: http://europa.eu.int/comm/enterprise/regulation/late_payments/index.htm

 

 

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