CONFIMI INDUSTRIA│Appello alla Politica e alle Istituzioni Italiane ed Europee

Negli ultimi 2 anni hanno chiuso in Italia 330 mila Imprese. (CRIBIS - ISTAT)
Negli ultimi 10 anni hanno chiuso 53 imprese al giorno. (OCSE - ISTAT)
Nel 2024, l'INPS ha registrato 116 milioni di ore di cassa integrazione.
Nel 2025, 1 impresa su 4 del sistema Confimi Industria utilizzerà la cassa integrazione.
Una buona parte del Made In ltaly è stato acquisito da aziende esterne: Parmalat, ltalcementi, Pirelli, Gucci, Bulgari, Loro Piana, Bottega Veneta, Valentino, AnsaldoBreda, Peroni, Buitoni, Galbani, Locatelli, lnvernizzi, Carapelli, Sasso, Ferretti, Yachts, Fiorucci, Lamborghini, lndesit. Star, Pioneer, Krizia, Magneti Marelli. Questi e molti altri marchi oggi non sono più italiani.
Sono 21.000 le Industrie ltaliane che hanno scelto di produrre In Romania, Polonia e Cechia: per lo più automotive, agroalimentare, elettronica e meccanica.
Non è un caso che il 38% dei giovani industriali di Confimi Industria abbia pensato di delocalizzare la loro attività di famiglia o di creare start up fuori dall'Italia.
La lettura di questi dati rende evidente i danni generati dall'assenza di una politica Industriale ltaliana ed europea, dalla globalizzazione super liberista, dalla frammentazione di una politica comunitaria che vede le diverse nazioni manifatturiere in concorrenza sui costi di produzione. A questo si aggiungono, la penalizzazione dell'Italia in ambito UE per via del debito pregresso, i parametri stringenti del patto di Stabilità, la legge europea sulla concorrenza e il blocco degli aiuti di stato.
Oggi le aziende ltaliane pagano l'energia 4 volte la media delle colleghe europee, e già si parla di un nuovo aumento ingiustificato e speculativo. Vedasi gli utili esagerati delle imprese fornitrici di energia negli anni scorsi.
Il costo del lavoro pagato dalle imprese è il terzo più costoso d'Europa. Nonostante questo, abbiamo le paghe più basse. Questo perché degli oltre 300 miliardi di euro pagati dalle Imprese,180 miliardi di euro finiscono nelle tasche dello Stato. Parliamo del 60%.
Le aziende ltaliane sono tassate al 44% rispetto al 34% della media europea e hanno un carico fiscale e contributivo del 59,1% rispetto al 38,9% della media europea. (OCSE)
L'assenza di una politica di protezione europea sta facendo sì che i rottami metallici destinati al riciclo - strategici per l'economia circolare - siano venduti a paesi terzi.
La prolungata guerra in Ucraina si è ripercossa sulle imprese del nostro paese da una parte per le mancate esportazioni e per le sanzioni, più dannose per le imprese europee che per la Russia, e dall'altra per la politica restrittiva e sbagliata attuata dalla BCE introdotta per calmierare un'inflazione non dovuta ad una esagerata euforia Industriale o di consumi ma dettata da aumenti sconsiderati del costo energetico.
È arrivato il momento di prendere atto del ruolo delle PMI italiane, che generano il 73,8% del PIL, che hanno salvato l'economia italiana durante la pandemia, manifestazione dell'efficacia delle imprese familiari capaci di reagire e resistere alle difficoltà, facendovi fronte con i propri capitali, con inventiva e creatività.
Non possiamo pretendere che, vessate da anni, le pmi possano ancora resistere. Hanno già dato anche l'ultimo colpo di reni, ora tocca alla politica e alle istituzioni italiane ed europee adoperarsi a rimuovere almeno una parte delle difficolta competitive di mercato. Questioni rimaste inalterate negli ultimi 15 anni dimenticandosi dell'humus industriale italiano.
1) NON PUÒ ESSERE PROCRASTINATO ANCORA IL TEMA ENERGIA, fondamentale per le imprese energivore (metallurgiche) che sono di strategica importanza per il tessuto produttivo italiano, già carente di materie prime. Una politica energetica che ponga le imprese italiane alla stregua di quelle europee. Perché gli altri paesi europei devono essere più bravi e attenti di noi?
Perché la concorrenza non arriva solo dalle imprese di paesi extra europei ma da quelli dell'Unione, come Polonia e Spagna. La prima si alimenta a carbone, la seconda ha posto un tetto al costo energetico, infatti, se questo sfora è lo Stato a farsene carico, non le imprese.
2) SERVE UNA POLITICA FISCALE PREMIANTE sugli incrementi della reddittività delle imprese
3) SERVE UNA PROTEZIONE sulle materie prime riciclabili
4) SERVE UNA SOSPENSIONE DEL PATTO DI STABILITÀ e dei limiti agli aiuti di stato finché non riparte l'economia
5) SERVE POSTICIPARE DI DIECI ANNI IL GREEN DEAL affinché le industrie europee dell'automotive abbiano tempo e capitali per effettuare la transizione energetica da un punto di vista industriale, finanziario e culturale.
FATE PRESTO il resto del mondo ci sta surclassando.
Il Presidente di Confimi Industria
Paolo Agnelli
Allegati
Lettera Aperta_Confimi Industria_Corriere della Sera_24gennaio2025
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