Agnelli (Confimi Industria) su stipendi da fame: "Si torni a parlare di salario minimo per salvaguardare dipendenti e aziende oneste"
Agnelli (Confimi Industria) su stipendi da fame: "Si torni a parlare di salario minimo per salvaguardare dipendenti e aziende oneste"
“Il salario minimo come proposto da Bruxelles a 9 euro/ora sarebbe un buon punto di partenza per contrastare gli stipendi da fame oggi regolarmente contrattualizzati e firmati anche dalle più note sigle sindacali e associazioni datoriali” così Paolo Agnelli industriale e presidente di Confimi Industria commentando gli innumerevoli casi di lavoratori sottopagati portati alla luce dalla stampa e dalla tv.
“Confimi è favorevole al salario minimo, non solo perché i nostri contratti sono già al di sopra di tale importo, ma perché i nostri collaboratori sono parte integrante della crescita aziendale” sottolinea il presidente di Confimi.
C’è poi un aspetto non trascurabile in termini di competitività “noi stessi imprenditori subiamo il costo basso di questi stipendi perché inevitabilmente incide sul prezzo delle merci formulato dai nostri competitor - spiega Agnelli e prosegue - una sorta di dumping salariale applicato su parte della filiera o in determinate aree geografiche”.
Scendendo nel dettaglio, infatti, la legge prevede che i reparti aziendali non strettamente connessi al core business dell’azienda possano essere appaltati esternamente: imballaggi, stoccaggio materiale, spedizioni, mense, vigilanza. E tutti quei lavori racchiusi nel termine “multiservizi”. Attività che vengono assorbite da contratti ufficiali e cosiddetti poveri spesso utilizzati dalle cooperative (e spesso false cooperative) che prendono appalti utilizzando proprio questi contratti in pieno dumping con i contratti utilizzati dall’industria.
“È opportuno, inoltre, che nel racconto di questi casi di lavoratori malpagati si inizi a fare una vera e propria indagine: com’è possibile sentire di ingegneri pagati 700 euro al mese per un impiego full time? Di quale contratto e inquadramento si parla? Si tratta di lavoro nero o di false partite iva?" torna a domandare il presidente di Confimi Industria.
Chiudendo Agnelli ammonisce “Non è più possibile additare imprenditori e industriali come delinquenti facendo di tutte le erbe un fascio e poi stupirsi che i giovani non vogliano lavorare in azienda”.
Certi argomenti andrebbero trattati con maggior competenza e preparazione".
Roma, 15 febbraio 2023
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I risultati dell’indagine condotta da Apindustria Confimi Vicenza su un campione rappresentativo di piccole e medie imprese del territorio
Dopo un 2022 di forte crescita, i primi 6 mesi del 2023 hanno evidenziato i primi segnali di rallentamento. Nonostante questo, le PMI manifatturiere vicentine confermano la loro proverbiale capacità di tenuta, anche se per il futuro cresce l’incertezza. Si potrebbero sintetizzare così i risultati dell’indagine congiunturale relativa al primo semestre dell’anno condotta da Apindustria Confimi Vicenza su un centinaio di imprese associate, rappresentative dei principali settori produttivi.
Così, se da una parte troviamo un 37% di aziende che ha registrato un incremento del fatturato rispetto ai sei mesi precedenti (e per il 15% l’incremento è superiore al 10%), c’è un altro 34% che dichiara una flessione, mentre la quota rimanente del 29% si mantiene stabile.
Stabilità è la parola d’ordine anche per quanto riguarda l’andamento della produzione (35%), con un calo per il 31,5% e un incremento per il rimanente 33,5%.
«Questi dati - spiega Mariano Rigotto, presidente di Apindustria Confimi Vicenza – vanno interpretati. Innanzitutto è bene precisare che il confronto è con un 2022 che, nonostante le criticità su energia e materie prime, è stato un anno molto positivo; inoltre questo quadro di apparente equilibrio in realtà è il risultato di situazioni piuttosto eterogenee, perché ci sono comparti in cui effettivamente stiamo già assistendo ad una flessione, mentre altri tengono meglio».
Più delicata l’analisi degli scenari futuri: il 41% delle PMI prevede un calo degli ordini, che sono in aumento solo per il 31,5% (stabili per la quota rimanente).
«In questi primi sei mesi dell’anno molte aziende hanno lavorato su ordini acquisiti ancora nel 2022 – spiega Rigotto -, me negli ultimi mesi c’è stato un evidente calo degli ordini che crea una maggiore incertezza per il secondo semestre. Il calo è spiegabile almeno in parte con la necessità di riportare i magazzini a livelli più consoni dopo la corsa all’accaparramento dei mesi precedenti. In questa prospettiva settembre sarà un mese importante per capire come evolveranno i mercati: la flessibilità rimane un punto di forza delle nostre aziende ed è auspicabile che riescano ancora una volta a trovare nuovi spazi in altri mercati per compensare quelli che si stanno indebolendo».
Certamente il contesto non aiuta: «Le aziende che lavorano nel BtoB sono penalizzate dal forte incremento del costo del denaro che frena gli investimenti, e dunque le commesse, mentre chi lavora nel mercato consumer deve fare i conti con un’inflazione reale che in buona parte d’Europa è attorno al 10% e che inevitabilmente frena i consumi».
Ecco allora che anche le PMI vicentine stanno rallentando gli investimenti: solo il 15% li ha aumentati nel I semestre dell’anno, con un 30,5% che li ha già ridotti mentre e la maggior parte rimane per il momento stabile.
Continua in compenso la “fame” di manodopera: il 50% delle PMI prevede nuove assunzioni nel secondo semestre dell’anno, mediamente più di due persone per azienda, e il 78% prevede difficoltà nel reperire le figure professionali ricercate. Per quanto riguarda queste ultime, il 44% delle PMI ricerca personale di produzione, il 20% cerca progettisti e addetti alla ricerca e sviluppo.
Proprio alla gestione del personale le aziende stanno dedicato una particolare attenzione: il 48% ha in programma percorsi di formazione non obbligatoria per il II semestre dell’anno, mentre nell’ultimo semestre il 24% ha attuato iniziative per conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, il 25% degli incentivi economici e il 51% ulteriori strumenti di welfare rispetto a quanto già previsto all’interno dei contratti.
«La ricerca di personale si conferma una delle problematiche maggiori - evidenzia Rigotto - e questo tema ci accompagnerà nei prossimi anni. Scontiamo, ma non è una novità, una mancanza di supporto alle famiglie che si è tradotta in inesorabile declino demografico. Solo a Vicenza, secondo i dati recentemente diffusi dalla Camera di Commercio, da qui al 2027 perderemo 11 mila lavoratori. Come Associazione ci siamo impegnando anche su questo tema: dopo una prima fase di analisi, stiamo mettendo a punto un progetto che presenteremo nei prossimi mesi finalizzato all’inserimento lavorativo dei richiedenti asilo e di collaborazione mirata con territori e Paesi dove sono presenti figure preparate, ma dove magari a mancare è il lavoro».
Tra le altre difficoltà segnalate dalle imprese, spicca al terzo posto la percezione di un carico burocratico eccessivo legato alla compliance (adempimenti verso la PA, le banche, per certificazioni ecc.).
Non stupisce dunque che per quanto riguarda le richieste al Governo, al primo posto si conferma la riduzione della burocrazia e dei costi sui fattori di produzione (lavoro, energia), ma rimane molto forte anche la richiesta di lotta all’illegalità.
L’indagine ha anche indagato il sentiment dei motori dell’economia del territorio rispetto alla politica della BCE; alla domanda “Come giudica l'impatto dell'attuale politica monetaria della BCE rispetto alla sua attività aziendale?” oltre i due terzi dei rispondenti ritengono che l’aumento dei tassi non sia la risposta giusta a quest’ondata inflattiva e temono un veloce deterioramento dell’economia.
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Il 2018 è iniziato col piede giusto per imprese manifatturiere. Nel mondo produttivo si respira un clima di fiducia e rinnovato ottimismo, dopo un anno ricco di soddisfazioni, che ha visto la crescita economica consolidarsi sia sul piano globale che nel mercato interno. La conferma arriva dal Presidente di Apindustria Confimi Vicenza, Flavio Lorenzin: «Non possiamo né vogliamo dimenticare le situazioni di difficoltà in essere, causate soprattutto dalla crisi delle popolari e dalle criticità nel rapporto con gli istituti di credito – precisa – ma nella maggior parte dei casi possiamo confermare che stiamo vivendo un momento molto positivo, e che siamo convinti nella possibilità di toglierci belle soddisfazioni anche per l'anno appena cominciato, sulla scia di una situazione economica generale che può farci tirare un sospiro di sollievo». Se l'economia e gli affari sorridono, una preoccupazione arriva tuttavia dal mondo politico in vista delle elezioni per il rinnovo del Parlamento in programma il 4 marzo.